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Paolo Conte, la prima volta di un cantautore alla Scala

Una serata storica, che ha unito la ritualità del teatro con quella del concerto pop: il racconto
Paolo Conte, la prima volta di un cantautore alla Scala

Sono le 20 in punto: si apre il sipario che rivela la band, con alle spalle un drappo colorato. I musicisti attaccano l’intro strumentale di “Aguaplano”. Poi entra lui: con andatura dinoccolata Paolo Conte si siede e canta “Ne sono certo, è proprio un pianoforte da concerto, dal suono avuto dal mistero, un pianoforte a coda lunga, nero”. Solo che il piano che suona non è in un teatro qualunque, e non è una serata qualunque: siamo alla Scala, per la prima volta di un cantautore al Piermarini.

L'eco delle polemiche e la ritualità della Scala

La serata era cominciata nel foyer: mentre la gente arrivava e si salutava, echeggiava ancora l’eco delle polemiche che hanno anticipato la serata (raccontate qua): al centro della scena c’è il sottosegretario Sgarbi che si fa intervistare dalle tv, presenti con le troupe come se fosse la prima di Sant’Ambrogio. Qualche collega giornalista cerca di sentire una dichiarazione del politico, o saluta i numerosi artisti presenti (Giuliano Sangiorgi, Madame, Lucio Corsi, Motta, Vinicio Capossela, Biagio Antonacci, Jack Savoretti).

La ritualità del Teatro è segnalata dalle locandine appese alle pareti con il programma del concerto - quella che per il pop è la scaletta, e che non viene mai esposta. In un banchetto è acquistabile il programma: contiene i testi delle canzoni che verranno cantati, come se fosse il libretto di un'opera (anche se i monitor con i sottotitoli, sulle poltrone in platea e ai palchi, rimarranno spenti). A fine serata le locandine saranno uno dei trofei più ambiti: non si farà in tempo ad uscire che saranno già sparite dalle teche.

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La Scala come un jazz club

Dopo l’inizio quasi cinematografico con “Aguaplano”, già dalla seconda canzone più che alla Scala, sembra di essere in un club, con “Sotto le stelle del jazz” e “Come dì”. La voce inizialmente è un po’ indietro, sono indietro anche lui e il suo ensemble orchestrale: tra Conte e la platea c'è la buca dell’orchestra coperta, tranne per uno spazio occupato da una telecamera. La serata  diventerà un film, diretto da Giorgio Testi (regista per Afterhours, Calcutta, Bocelli, Blur, Killers e molti altri) e un album dal vivo: verrà pubblicato da Sugar, che ha coprodotto la serata assieme a Concerto, il promoter storico di Conte.

I primi segnali che il rituale scaligero questa sera verrà rispettato solo in parte arrivano dal pubblico, con qualcuno che urla cose tipo “grande!” o “sei il numero 1!”. Conte non si scompone, e la  sua faccia un po’ così sembra dire esageruma nen, come si dice dalle sue parti: non esageriamo, dai. Un altro rituale della Scala che viene sistematicamente infranto è quello che impone di non usare il cellulare: si vedono spesso le luci di flash o di schermi accesi per una foto o un video, un paio di volte squilla un telefonino.

Conte non parla e non parlerà per tutta la sera, tranne quando presenta i musicisti dell’orchestra, uno per volta tra una canzone e l’altra.  Per “Ratafià” smette di essere un piano man e si alza in piedi, poi infila un paio di occhiali da sole. Torna al piano per il finale del primo tempo, con “Uomo Camion” e “La frase”: sul palco una chitarra elettrica, e fa un certo effetto vederla alla Scala.

In un concerto dove tutto sembra programmato, però, il primo tempo si chiude su un un lampo di improvvisazione, suonando un brano non incluso nel programma, “Dal loggione”, cantato da solo al piano, con un testo adatto alla serata: “Lampi fuori nel buio temporale/E lampi qui nel Teatro Comunale/Lampi sulle signore ingioiellate e lampi su legni e trombe lucidate”.

Nell’intervallo il pubblico si ritrova nel foyer: le polemiche sono già dimenticate, le televisioni fanno le loro interviste, i commenti sono solo entusiastici. Così come durante lo spettacolo dalla platea ai palchi, anche qua si incrociano gli sguardi per vedere chi c’è: giornalisti famosi e direttori, attori/attrici e conduttori/conduttrici, politici (oltre a Sgarbi è presente l’altro sottosegretario alla Cultura Mazzi, c’è l’assessore alla cultura Sacchi, ma non c’è il sindaco Sala, influenzato).

La seconda parte del concerto

La seconda parte ricomincia dopo una ventina di minuti, ed è meno jazzata della prima, con una scaletta che non si discosta molto da quella degli ultimi tour. L’attacco di “Gli impermeabili” viene accolto da un applauso, qualcuno accenna un battito di mani a ritmo. La scena si ripete su ”Via con me”, finché qualcuno dice “sssh!” e la platea si zittisce di colpo.

Conte si  rimette gli occhiali per “Max”: la coda strumentale è uno dei  momenti più belli della serata, dal punto di vista musicale, con l’intreccio tra chitarra, vibrafono e fiati. Notevole anche la lunga coda della più ritmata “Diavolo Rosso”, una sequenza di assoli di dai sapori quasi klezmer. Ma l’assolo più significativo della serata è quello un po’ sghembo di kazoo su “Le chic e le charme”. Sì, un assolo di kazoo alla Scala, che chiude il secondo tempo.

C’è ancora tempo per due bis: “Il Maestro”, con tre coriste. e poi un bis vero, una seconda esecuzione di “Via con me”: questa volta il pubblico applaude e canta, a luci accese. Conte esce dal sipario, che si chiude. Mentre il pubblico applaude, il sipario si riapre quel tanto per permettere al cantante di uscire un’altra volta: Conte fa l’inchino, poi si porta la mano alla gola e fa il gesto del taglio, come da sua tradizione. La serata è finita.

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Una serata storica

Comunque sia, una serata storica: non ci sono altri artisti italiani con la statura e la credibilità musicale per tenere un concerto di questo genere in un posto così, senza sembrare fuori luogo. Conte ha portato alla Scala un suo concerto classico, con qualche variazione (“Dal loggione”, “Il maestro”), non si è snaturato, e non si è snaturata neanche la Scala che ha accolto un grande artista.

Conte ha portato in questo tempio  il suo gusto di musicista che fonde i generi, la canzone con il jazz e con l’orchestrazione quasi cinematografica: un gusto “novecentista”, come lo definisce lui stesso, che si accompagna ad immaginario vintage, inattuale. Paolo Conte è dichiaratamente uno "snob", come il titolo del suo ultimo album di canzoni (9 anni fa… l’album dal vivo che uscirà da questo concerto sarà il terzo in 5 anni).

Le polemiche sono state poco rumore per molto, per parafrasare il bardo: qualche chiacchiera che ha provato a sporcare una serata dall'enorme valore.  Perché di fatto non ha più senso separare la musica alta e quella popolare, concettualmente e nei fatti: Conte è già un artista classico, il Presidente Mattarella va a Sanremo come alla prima della Scala, la Scala produce opere con gli stessi metodi di concerti pop e rock (la “Tosca” e il “Macbeth” di Livermore che hanno inaugurato le stagioni ’19 e ’21 avevano schermi led e video curati da GiòForma, lo studio che disegna i tour di Jovanotti, Cremonini e Vasco ed Eurovision).

La Scala ha una sua sacralità che Conte, a suo modo, ha onorato con un concerto intenso, per un pubblico entusiasta, diviso tra chi questo luogo lo frequenta abitualmente e chi è venuto appositamente a vedere una serata-evento. Speriamo che “concerti straordinari” come questo lo siano sempre meno - pur nel rispetto di un luogo che ha una sua storia, una sua tradizione. La musica, come diceva qualcuno, si divide solo in buona o cattiva, e stasera ne abbiamo avuto una dimostrazione.

La scaletta

1° TEMPO 
Aguaplano
Sotto le stelle del jazz
Come di
Alle prese con una verde milonga
Ratafià
Recitando
Uomo camion
La frase
Dal loggione

Intervallo 

2° TEMPO
Dancing
Gioco d’azzardo
Gli impermeabili
Madeleine
Via con me
Max
Diavolo rosso
Le chic et le charme

Bis
Il maestro
Via con Me

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